La tradizione vuole che San Basso sia stato il primo vescovo della comunità cristiana di Lucera, battezzato nientemeno che da San Pietro in persona. Il battesimo dei primi fedeli lucerini si sarebbe svolto nelle acque del torrente Vulgano, luogo dove in seguito sorse la chiesa di San Pietro in Bagno (documentata dall’XI secolo), nell’omonima contrada. Sebbene alcuni storici locali abbiano visto in questa chiesa una conferma della tradizione, sorge un interrogativo: se fosse stata davvero così centrale per i cristiani locali, come si spiega la sua donazione all’abate Desiderio di Montecassino da parte del conte Enrico di Monte Sant’Angelo nel novembre 1085, alla presenza del vescovo Teodelgardo.

Di Basso si sa con certezza solo che fu un vescovo martire, ma il momento e la modalità del suo martirio restano ignoti. Non è pervenuta alcuna agiografia sulla sua vita. Nonostante sia localmente considerato un martire sotto l’imperatore Traiano (come suggerito dal Sarnelli), non si trova traccia di un vescovo di nome Basso martirizzato sotto quell’imperatore.
La più antica menzione che lo collega a Lucera sembra risalire a una cronaca anonima e di datazione incerta, ora perduta, ma scoperta nel Settecento dall’erudito lucerino Domenico Lombardi. Il testo recitava: «Sancto Petro passaje per Italie et battezzaje Lucera, et le dette Sancto Basso per primo Episcopo, lo quale pò fò Martyre» (San Pietro passò per l’Italia e battezzò Lucera, e diede San Basso come primo Vescovo, il quale poi fu Martire).
Ipotesi sul Culto e Confini Confusi
Il culto di San Basso a Lucera, che non è attestato prima del Trecento, potrebbe essere legato alla presenza dei vescovi Formica, zio e nipote, originari di Termoli, che guidarono la diocesi tra il 1396 e il 1450. Potrebbero aver introdotto il culto dalla loro città natale o aver favorito l’identificazione con il santo venerato lì. Non si esclude inoltre che il ritrovamento di epigrafi a Lucera con il cognome Bassus (CIL IX, 796 e 843) possa aver erroneamente contribuito a identificarlo come vescovo lucerino.
A complicare il quadro si aggiunge l’esistenza di un altro vescovo e martire omonimo, presente dall’inizio del VI secolo d.C. a Cupra Marittima (AP). Il cardinale Baronio lo registrò nel Martirologio Romano come martire di Nicea presso il fiume Varo (la Nizza francese), probabilmente a causa di un errore di interpretazione, al posto di Nicea di Bitinia (Turchia). Quest’ultima ipotesi è avvalorata dalla sua Passio, che menziona i ‘proceres Asiae’, suggerendo che Basso sia stato martirizzato lì intorno al 250 d.C., sotto Decio o Valeriano, per mano del preside Perennio. La contesa tra Termoli e Cupra Marittima sull’identità dei loro rispettivi santi patroni resta aperta.
Le Reliquie e l’Indagine Scientifica
L’identificazione del Basso patrono di Termoli con quello di Nizza fu inizialmente sostenuta dal vescovo Tommaso Giannelli. Dopo i lavori da lui disposti nel duomo termolese, che tra la fine del 1760 e l’inizio del 1761 portarono alla scoperta di quattro epigrafi e dell’urna contenente i resti, Giannelli cambiò versione. In un’omelia del 1762, dichiarò che i resti appartenevano in realtà a San Basso di Lucera, sostenendo che fossero stati oggetto di un “sacro furto”, simile a quello con cui i larinesi si erano impossessati delle spoglie di san Pardo.

Nel 2001, la ricognizione scientifica dei resti promossa dal vescovo di Termoli-Larino, Tommaso Valentinetti, ha fornito dati interessanti: il santo era un uomo robusto, alto circa 179,64 cm, morto tra i 40 e i 45 anni. La datazione radiometrica su un frammento osseo ha indicato che la sua vita si collocherebbe probabilmente tra il IV e il V secolo (circa 370-425 d.C.), escludendo così un legame diretto con San Pietro. Resta inspiegabile l’apparente assenza di tracce sulle ossa che possano essere interpretate come segni di martirio.
A Lucera, la memoria di San Basso è onorata, anche se tardivamente, con l’intitolazione del 2° vico San Gaetano nel 1981.
Fonti dal libro “I VESCOVI DI LUCERA”




